Nei primi giorni di giugno, diversi membri del consiglio scientifico di AIMFT hanno partecipato al congresso annuale del GENFI (www.genfi.org) tenutosi a Stoccolma. GENFI è l’acronimo di “Genetic Frontotemporal dementia Initiative” che riunisce un gruppo di centri di ricerca in Europa e Canada con esperienza nella forma familiare della demenza frontotemporale ed è coordinata dal professor Jonathan Rohrer presso l’University College di Londra. Fra i centri che compongono il consorzio GENFI ve ne sono numerosi nel Regno Unito, nei Paesi Bassi, in Belgio, Francia, Spagna, Portogallo, Italia, Germania, Svezia, Finlandia e Canada. Per quanto riguarda il nostro Paese, i gruppi che partecipano al progetto sono quelli della Prof.ssa Daniela Galimberti, dell’Università degli Studi di Milano, la Prof.ssa Barbara Borroni dell’Università degli Studi di Brescia, il Dott. Pietro Tiraboschi dell’Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano e il Prof. Sandro Sorbi dell’Università degli Studi di Firenze.
Oltre a rappresentare un momento di incontro e di confronto fra i ricercatori internazionali di questa malattia, lo scopo del GENFI è quello di comprendere meglio la FTD genetica, in particolare quella che colpisce i pazienti che hanno mutazioni nei geni della progranulina (GRN), della proteina tau associata ai microtubuli (MAPT) e del cromosoma 9 open reading frame 72 (C9orf72).
Il GENFI studia non solo le persone che hanno già sviluppato i sintomi della patologia, sia i soggetti che hanno il rischio di svilupparne in futuro perché portatori di una “mutazione genetica”.
Dallo studio di questi ultimi individui i ricercatori cercano di comprendere lo sviluppo della malattia fin dai primissimi cambiamenti. Gli obiettivi chiave del progetto GENFI sono, quindi, lo sviluppo di marcatori che aiutino a identificare la malattia nella sua fase iniziale, nonché di marcatori che consentano di tracciarne la progressione.
In parallelo il GENFI svolge anche numerose altre iniziative che hanno come obiettivo quello di fornire un servizio ai pazienti.
Ad esempio, in questa ultima sessione, il GENFI ha iniziato a uniformare dal punto di vista clinico il tipo di sintomi che vengono utilizzati dai diversi ambulatori per definire il grado di demenza del paziente, in maniera tale che si possano confrontare meglio i dati fra i vari centri partecipanti.
Oltre a ciò, quest’anno si è incrementato lo scambio di informazioni con le aziende farmaceutiche per implementare i marcatori di cui si è detto prima negli studi clinici per la FTD genetica.
In conclusione, il GENFI è partito inizialmente con lo scopo di creare una “rete” fra i vari medici e ricercatori nell’ambito delle demenze in maniera da scambiare informazioni e novità in maniera tempestiva. Grazie alla sua crescita in questi anni, sta invece prendendo piede la consapevolezza che il progetto GENFI servirà certamente a migliorare l’accesso dei pazienti alle terapie che stanno rapidamente aumentando e che quindi necessitano di coordinamento e confronto fra loro proprio al fine di individuare le più efficaci e/o promettenti.
(prof. Emanuele Buratti – Presidente del Comitato Scientifico di Aimft – Responsabile del Laboratorio di Patologia Genetica del ICGEB di Trieste)
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